Intervista a Federico Fiumani tratta dal "Mucchio selvaggio" n.208 maggio 95

INTERVISTA A FEDERICO FIUMANI


di Fabio Massimo Arati e Giancarlo Susanna

L'immagine dei Diaframma è ormai definitivamente legata alla sola persona di Federico Fiumani, che quindici anni or sono li fondò per dimostrarsi ben presto l'unica figura essenziale all'interno del gruppo, prima soltanto come chitarrista ed autore, in seguito anche come cantante. Così dopo tanti anni è rimasto da solo a portare avanti il marchio di una band che ha scritto la storia del rock italiano. Ultimamente Federico sembra in preda ad un'esuberanza creativa, iniziata la scorsa primavera con la pubblicazione dell'album "Il ritorno dei desideri" e proseguita qualche mese più tardi con il live acustico "Confidenziale", peraltro il primo disco firmato esclusivamente con il suo nome.
Ci sorprende quindi la sua telefonata, qualche settimana fa, che preannuncia l'uscita di "Non è tardi", ultima fatica dei Diaframma. Un ottimo pretesto per far visita a Federico, proprio nella sua casa alle porte di Firenze. Alle dieci e trenta di un sabato mattina ci apre la porta: camicia fuori dai calzoni e fascia in testa, la stessa che regge da anni il suo memorabile ciuffo e tiene legati l'orgoglio e la consapevolezza di essere un eccentrico personaggio di culto.

Ancora una volta ci hai sorpreso e spiazzato: "Non è tardi" è abbastanza differente dalle tue ultime cose, è più vario, meno compatto.
- Si, lo penso anch'io. "Il ritorno dei desideri" era sicuramente più compatto. In questo nuovo album ci sono delle canzoni che mi piacciono più di ogni altra che ho scritto. Credo che "Non è tardi" dia delle direzioni nuove, che mi permetta di individuare stimoli nuovi e di rischiare. Da questo punto di vista sono molto contento e poi, come capita sempre quando esce un disco, c'è un po' l'ansia - anche con riscontri positivi - di vedere come verrà accolto.

Cosa ci puoi dire ad esempio di "Stai lontano da me" in cui compare addirittura un tenore?
- Così com'era nella prima fase del lavoro non mi piaceva e volevo escluderla dall'album, poi ho pensato che questa voce poteva essere quella di un vero tenore. Sai quelle cose che ti vengono in mente così? Abbiamo provato. E' venuto questo tipo che non aveva mai cantato in uno studio (Maurizio De Benedetto - N.d.R.) e adesso questo pezzo mi viene proprio voglia di sentirlo. Non è la solita canzone. Rischiare. Fare dei tentativi di questo tipo, che poi sono nella tua memoria perché li hai sentiti da spunti di altri dischi. Non ti ricordi nemmeno di chi, però ti è piaciuto a allora ti ha ispirato.

Vuoi dire che nella tua formazione musicale c'è anche la musica lirica? Magari piaceva ai tuoi genitori.
- Non ho mai amato la musica lirica. Anzi me l'hanno fatta conoscere nel modo peggiore possibile: ti portano a vedere "La forza del destino", quattr'ore in un posto d'ascolto e tu sai già che l'odierai. Però era una cosa ironica, suonava bene in quella canzone.

Non c'era nessun riferimento preciso, dunque.
- No, non sono passioni di questo tipo. Sono più pensieri di un momento.

Cosa pensi della situazione attuale della canzone d'autore italiana? Non ti sembra che stia vivendo, a parte pochissime eccezioni, un periodo di crisi d'ispirazione?
- Non saprei, forse i Neri Per Caso, al di là dell'aspetto modaiolo, fanno delle cose carine. Ho sentito delle canzoni e mi sembra che facciano belle cose. E poi ripescano cose interessanti come "Via con me" di Paolo Conte

Ritieni che ora la tua posizione di "cantautore rock" sia riconosciuta nel tuo effettivo valore?
- Sono stato all'ultima edizione del Premio Tenco ed è stata una grande soddisfazione. Il riconoscimento di tanti anni di lavoro. E' stata una bellissima esperienza.

Ci sono altre cose che ti piacciono nella scena musicale italiana?
- Gli Avion Travel fanno una musica bellissima e mi piace molto l'Ottavo Padiglione. Considero Bobo Rondelli veramente un grande cantautore. Questi sono i miei gruppi preferiti.

E i C.S.I.?
- Mi piacciono molto anche loro e considero Giovanni Ferretti un grande pensatore. Al di là dell'aspetto musicale è una delle menti più illuminate di questo secolo. Scrive delle cose bellissime, profonde, ed è una persona che guarda veramente lontano in quello che scrive. La sua fortuna è quella di avere una cultura e di conoscere le cose.
Si riferisce a gente che in realtà non conosce bene le cose, però lui ha una credibilità che fa sì che lo stiano ad ascoltare.

In un certo senso Gianni Maroccolo, sia pure con un ruolo diverso dal tuo, ha seguito una strada più legata alla creatività e all'ispirazione che ad altre considerazioni.
- Mi sembra che i C.S.I. facciano veramente quello che gli piace. Non si riferiscono a nessuno, hanno un suono loro non riferito a nessuna tendenza.

A questo proposito, cosa pensi ora dei Litfiba?
- È un gruppo di cui ho grande stima. Sono veramente bravi. Piero è una persona piena di talento, ha un grande carisma ed è molto bravo. La sua dote migliore che non sempre gli viene riconosciuta, è l'ironia...Magari i Litfiba hanno avuto successo perché sono epici, perché seguono una musica che va di moda, però lui ha una grande ironia, che lo salva e lo rende credibile e simpatico. I loro primi dischi mi piacciono di più, devo dirlo, però continuo a seguirli con affetto, con stima e simpatia.

Credi che la loro sia stata una svolta artistica voluta?
- Penso di si. Io a un certo punto sono andato via dall'IRA e quindi le cose le so perché sento qualche disco per radio...però devo dire di sì. E poi quanti rinuncerebbero a una svolta artistica del genere, una svolta che ti garantisce le cifre a cui sono arrivati loro? Sono stati coraggiosi a seguirla e gli è andata bene.

E tu lo faresti, anche se questo implicasse la trasformazione della musica in un lavoro vero e proprio?
- No. Ma io penso che loro si divertano. Questa è la differenza. Non credo che loro lo facciano con spirito impiegatizio. E quindi bene per loro, io sono contento per loro. L'unica cosa che mi può insegnare l'esperienza dei Litfiba è cercare di fare le cose con più impegno. Mi piace mantenere uno spirito positivo come quello che penso abbiano loro. Credo che sia una cosa vincente. L'ironia, il talento, il saper stare sul palco sono cose importanti. Non è che le dà soltanto madre natura, si imparano anche con il lavoro, col suonare cinque sei ore al giorno. Quanti hanno questo coraggio? E se non ce l'hai, duri il tempo di una stagione. Se io sono sopravvissuto alle mode, è perché alla fin fine una credibilità me la sono fatta.

E i gruppi stranieri? Ce n'è qualcuno che preferisci?
- Tra quelli relativamente nuovi i Teenage Fun Club, che hanno un grande senso della melodia. E i Beatles...

Cosa pensi della decisione di George, Paul e Ringo di registrare una canzone di John utilizzando la sua voce campionata?
- Egoisticamente parlando, è una cosa meravigliosa, ci faranno partecipi di un qualcosa di grandissimo valore artistico.

I tre Beatles sono stati molto criticati.
- Sembra però che John avesse spedito questa canzone a Paul McCartney prima di morire, per cui forse si sono basati su una volontà precisa. E con tanta brutta musica in giro, c'è almeno la speranza di ascoltare della buona musica. Tra le cose di cui non guardo il prezzo e che ritengo necessarie alla mia vita, ci sono per esempio i dischi di Paolo Conte. Hanno il ticket TV? E chi se ne frega! È come una medicina, se devi prenderla, la prendi, non ti importa nulla del prezzo. Quello è cibo per l'anima, mi arricchisce troppo.