Recensione tratta dal mensile ROCKERILLA di Andrea Dani
"DIAFRAMMA Scenari immaginari"
La vicenda dell'uscita rimandata, per alcuni momenti addirittura a rischio, di
questo nuovo disco di Federico Fiumani ci porta ancora una volta a pensare con
sconsolata preoccupazione alle difficoltà di 'normalizzazione' delle
dinamiche del mercato discografico indipendente italiano, popolato troppo spesso
da evanescenti ed annaspanti figuri. Ma l'aspetto forte che domina la
riflessione è ancora una volta la personalità spigolosa e
difficile dei Diaframma, capaci di sfornare a cadenza annuale dischi dall'ottima
fattura, ricchi di spunti compositivi sempre freschi e degni del nome che
recano, eppure sempre in viaggio tra una label e l'altra, tra situazioni
contrattuali mai troppo definite, repentini 'colpi di testa' e di carattere e,
infine, un profilo sempre orgogliosamente indipendente che vuol dire, in
soldoni, fare le cose a modo loro.
E la parabola di Federico Fiumani, che da tempo ha ormai preso la strada di un
'cantar se stesso' con una sorta di autarchica indifferenza nei confronti del
circostante, snocciola, nonostante tutto, un altro capitolo febbrile,
sofferto, sincero della propria luna cantautorale.
Scariche di adrenalina pop, ballate struggenti, profonde cavalcate rolleggianti:
sempre gli elementi di uno stile che non cerca facili compromessi di
intellegibilità o troppo evidenti ammiccamenti alla comprensione di
vissuti comuni.
"Agosto" doveva guidare l'EP della stagione estiva, mito erotico di
naufraghi rimasti in casa durante l'esodo estivo, le storie di "Esse",
l'anomala ninna-nanna di "Dormi che è notte", i rapporti con il
mondo, non scevri da un sottile tocco di nevrosi, in "Dammi tempo",
"La mia timidezza" o "La ballata dello scontento"; il piglio pop
di "Amico mio", ormai classico per lo stile Fiumani, il cuore del disco
di "Qualcosa che non muore" e "Qualcuno mi ha amato", che
stigmatizza l'autobiografismo in realtà solo apparente di un iperpresente
'io'.
"Scenari immaginari" è un'altra fotografia, intensa, forse
più nitida di "Sesso e violenza", dell'energia indomita, scomoda,
sicuramente dinamica del solipsismo compositivo di Federico Fiumani, ricamata da
splendide chitarre ed arrangiamenti accorti, melodie ricorrenti e ricorrenti
enigmi di un percorso senza precedenti.