Recensione tratta dal Mucchio selvaggio marzo 1994

"DIAFRAMMA Il ritorno dei desideri "


Ogni volta che torna in ballo il nome di Federico Fiumani (alias Diaframma) automaticamente uno s'incazza. Nel nostro Paese, che in quanto a educazione musicale si fa battere anche dai pesci rossi, è difficile trovare un posto al sole anche se si è in grado di comporre canzoni che potrebbero sostituire in blocco quelle che vanno per la maggiore perché supportate dai media radiofonici e televisivi. Dei Diaframma il grande pubblico non si è mai accorto nemmeno quando incidevano per la Ricordi e cantavano canzoni come "Diamante grezzo". Fiumani ha comunque le sue colpe; scrive canzoni che si adattano soltanto alla sua interpretazione, che ha una natura molto particolare, ma questo fa incazzare ancora di più. Le liriche e la poesia ritmica di Fiumani hanno dei toni così aspri e disperati, che arriva a commuovere. Non bisogna essere dei fenomeni per comprendere che molte sue composizioni potrebbero essere cantate, con un arrangiamento diverso, da quei pochi vocalist di qualità che abbiamo. E se penso a Mina (la più brava), che canta spesso delle vere minchiate, l'incazzatura si moltiplica. Lo zoccolo duro magari sarà contento così, ma dopo tanti anni di militanza (i Diaframma furono scoperti dall'I.R.A. parecchio tempo fa) sarebbe lecito aspettarsi di più in termini di apprezzamento generale. Anche "Il ritorno dei desideri" si porta appresso queste considerazioni. Ci sono momenti stupendi e la collaborazione con Maroccolo ha sistemato un po' la forma. Resta ancora da mettere a posto il connubio tra metrico e tempo, che dimezza la potenzialità di canzoni come "Mi fai morire" e frena quella della title-track, ma se invece viaggia bene ` in grado di toccare i vertici di "Luminosa innocenza" (con Mara Redeghieri), "Baciami", "È la crisi" e "Il sogno". Fedele al suo animo di convinto rockista, Fiumani ha inserito tra strofa e ritornello dei bei momenti in chiave blues avvalendosi anche di altri chitarristi; non ha dimenticato il punk come veicolo di sfogo e dispensa sempre eccellenti costruzioni melodiche in "Trattami bene", "Né meglio né peggio" e "Manca l'acqua".