Recensione tratta da Mucchio Selvaggio n093 del Maggio 1988 di Alba Solaro

DIAFRAMMA. "BOXE"


C'è un alone di romanticismo intorno ad uno sport come la boxe, rimasugli di una mitologia cinematografica, stanze fumose, occhi pesti, il riscatto dall'ineluttabile miseria, l'eroismo povero, Rocco e i suoi fratelli, ma anche il glamour patinato delle foto di Bruce Weber. E poi boxe è anche un mondo tutto maschile, fatto di complicità e di un senso di lealtà e di umanità profondo, come scrive Federico Fiumani nelle note a questo nuovo disco dei suoi Diaframma, che ha voluto intitolare "Boxe" proprio in omaggio ad uno sport che ha praticato per lungo tempo e dalla cui passione non è mai del tutto guarito. Ma nella vita i pugni che fanno più male, aggiunge sempre Fiumani, sono quelli metaforici, quelli che lacerano dentro e lasciano segni più profondi di un naso rotto, ed in questo disco mi sembra che l'immaginario della boxe entri proprio in questo senso.
I Diaframma, che oggi oltre a Fiumani alla chitarra e Miro Sassolini alla voce, schierano Renzo Franchi alla batteria e Leandro Braccini al basso, hanno lasciato l'IRA per motivi che non stiamo a spiegare in questa sede, scegliendo fra le tante soluzioni possibili quella forse più difficile, ovvero mettere in piedi una propria etichetta.
"Boxe" nasce così, quasi di corsa, con l'urgenza di esprimersi, di ribadire un nuovo periodo che si apre ed una ritrovata energia. Pur ritenendo tutte le caratteristiche principali dello stile Diaframma, e senza abbandonare l'accessibilità che il gruppo si è dato negli ultimi anni, questo disco però non assomiglia a nessun altro disco dei Diaframma; ha una natura quasi primitiva di ritorno ad una forma espressiva più diretta, immediata, in una parola "rock".
Per togliere di mezzo ogni esitazione il disco si apre proprio con due rock songs belle, semplici, determinate: "Adoro Guardarti" e "Blu Petrolio" . Il suono è ridotto all'osso, basso, chitarra e batteria, la voce di Sassolini, piena e grintosa, poche emozioni ma molto forti. La forma canzone si fa più ricercata in "Dottoressa", dove ad un attacco lento fa contraltare un seguito irruento, e sembra quasi uno studio su un'idea compositiva che viene poi meglio sviluppata nel brano che da il titolo all'album, "Boxe"; è una canzone molto intensa, resa piuttosto originale da un ritornello in tempo di valzer. Altri ritmi inusuali serpeggiano per questi solchi, ad esempio il reggae di "Marta", mentre ritornano a far capolino certi umori crepuscolari in "Un temporale in campagna". Così essenziali ,così rock, così semplici forse i Diaframma di "Boxe" lasceranno perplesso qualche loro ammiratore ma si candidano seriamente a conquistarne di nuovi; basterebbe per questo ascoltare l'ultimo pezzo, "Caldo", quieta e melodica riflessione di solo pianoforte e voce, che poi è quella dello stesso Federico Fiumani. Ha la qualità poetica degli episodi migliori dei Diaframma, e chiude molto dolcemente un album spontaneo e fresco.