Diaframma - SIBERIA
tratta da Ciao  2001  numero  8,  24  Febbraio 1985
Scritto da  Gl. B.


Settimane  fa  a  Parigi  si  chiaccherava  del destino  ambiguo
del  rock  a  tre  colori. Patrick  gestore  di  un  negozio  per
collezionisti  lamentava:"Vedi  m'e'  capitato  spesso  di ascoltare  roba
italiana. Rock  nuovo  intendo. Qui  a  Parigi  pe r un  certo  periodo
c'e'  stato  un certo  Massimo  Scapolo  che  trasmetteva  la  vostra
musica  piu'  recente  da  una radio  libera. Non  ricordo  quale  fosse
in  particolare. Ma  so  che  s'era  cominciato  a  spargere  la  voce.
Gruppi  come  i  Bisca, i  Litfiba, gli  Art  Fleury, i  Diaframma. Niente
male. Solo  che  mi  pare  che  si  speculi  troppo  su  atmosfere  dark,
nel  senso  di  angoscia, cupezza  inflessibile. Un  pessimismo  eccessivo,
come  se  fosse  l'unico  messaggio  lecito  alla  new  wave  delle  nuove
generazioni. Vero  fino  a  qualche  mese  fa. Prendiamo  "Siberia", ad
esempio, primo  album  dei  gia'  citati  Diaframma. L'angoscia  pare
terapeutica. In  pratica  la  salvezza  sono  le  nostre  stesse
sconfitte. E  la  svolta, per un  certo  genere  di  rock  italiano, e'
palese. Fiorentini, titolari  di  un  pregevole  e  mai  retorico  EP
"Altrove"  che  ha  venduto  500  copie  in  Belgio, i  Diaframma  sono
effettivamente - come  pretendono  le  convenzioni  promozionali- una
delle bands  storiche  del  rock  fiorentino. E  Firenze  si  confida
perennemente  rinascimentale. La  "Siberia"  diventa  una  condizione  e
non  uno  spauracchio, la  musica (pur  non  lacerando  come  nei
compaesani  A.T.R.O.X.) e'  scarna  e  spesso  lancinate. Nelle  liriche
ricorre  emblematicamente  il  muro. In  "Impronte"  cantano  "qualche
segno  sbiadito  sul  muro", in  "Amsterdam"  invece  "Scender  le  scale
sfiorando  il  muro  senza  dare  importanza  a  chi  passa  vicino", nella
title-track  "I  nostri  occhi  impauriti  oltre  il  muro  del  silenzio".
Nuove  barricate  di  fronte  all' invenzione.